Palazzo Capuano
In Piazza San Ciro si estende l'ombra del grande Palazzo Capuano, che qualche anziano definisce Comuna Vecchia, poichè fu la sede del municipio.
Ancora più indietro nel tempo si chiamava Palazzo Stigliano - Carafa. Ha un'aria degradata e grigia, eppure è il più antico edificio di Portici: nelle sue stanze passarono il potere e la storia.
Una volta aveva archi di piperno, marmi e stucchi pregiati, torri con i merli, arredi sontuosi e fontane che cantavano, alimentate da una sorgente nel cortile.
E' stato mutilato selvaggiamente, all'inizio degli ultimi anni Cinquanta, per aprire via Libertà.
In un solo giorno vennero spicconati gli affreschi di un famoso pittore del Seicento, Belisario Corenzio. Quel palazzo venne costruito nel Duecento, forse ampliando una fabbrica sorta intorno all'anno Mille. Lo frequentarono i cortigiani di Roberto d'Angiò, il re poeta, ripetendo in coro le rime amorose del loro sovrano.
Roberto il mecenate, fu il primo re a scoprire Portici, che con i Borbone avrebbe poi ottenuto il privileggio di una Reggia.
Roberto s'innamorò del verde dei boschi e dei prati, degradante verso l'azzurro di un mare assai pescoso.
Qui ospitò il suo amico Giovanni Boccaccio.
Nella dimora vesuviana probabilmente venne anche un altro grande poeta, Francesco Petrarca, attorno al 1343.
Il cantore di Laura ebbe dal papa Clemente VI l'incarico di sollecitare la scarcerazione dei conti di Pepino, tre fratelli pugliesi.
Parlò con la giovane regina Giovanna I (succeduta al nonno Roberto d'Angiò) e con il consiglio di reggenza, senza successo.
La prima Giovanna amò Portici e continuò a frequentare Palazzo Capuano anche dopo il dispiacere di due rapine subite nel 1344 (sulla strada di Resina).
Le rubarono l'argenteria da tavola che si portava dietro per suontosi banchetti.
Chiese ed ottenne di essere rimborsata dagli esattori fiscali della città.
Nel 1350, le rendite dei casali di Portici, Resina, Torre del Greco e Calastro furono cedute alla Chiesa Napoletana la quale, per mancato godimento di tali rendite, avviò una polemica con lettera risentita del pontefice Innocenzo IV alla regina.
Resta oscuro quello che avvenne nei primi anni del 400.
La proprietà del Palazzo Capuano passò di nuovo alla corona, questa volta alla regina Giovanna II (succeduta al fratello Ladislao, figlia di Carlo III, nipote e nemico di Giovanna I, e Margherita di Durazzo) che nella mamoria popolare resta un esempio di vizio sfrenato.
La descrissero come una mantide che uccideva gli uomini appena posseduti accanto alla sua alcova.
Una di queste mortali trappole, munita di spade e rasoi, sorgeva appunto in una torre di Palazzo Capuano, secondo la leggenda avallata da Benedetto Croce.
L'anno successivo alla sua incoronazione - il 1415 - la regina rinsaldò il legame con il suo amante ufficiale, il nobiluomo Sergianni Caracciolo, avventuriero napoletano di 10 anni più giovane.
Caracciolo, in cambio di un prestito fatto a Giovanna II, divenne il Gran Siniscalco e ottenne in pegno dei possedimenti reali tra cui anche Palazzo Capuano, che fu il luogo dei convegni sospirosi dei due amanti.
Caracciolo fu costretto, per la rivalità con Muzio Attendolo Sforza, a lasciare Napoli, al suo rientro Nel 1419 scoprì che i possedimenti vesuviani gli erano stati sottratti a beneficio di Antonio Carafa.
Caracciolo riesce a riavere i possedimenti porticesi grazie a Luigi d'Angiò figlio adottivo di Giovanna II la quale, nel 1424, li cedette (in pratica fu una restituzione) alla chiesa Napoletana.
Nel 1442 Alfonso d'Aragona conquista Napoli, giù di lì sposa la figlia del capitano di Torre Annunziata, Lucrezia d'Alagno e consegna a Francesco Carafa il diritto all'eredità. Conseguentemente, Palazzo Capuano diventa nuovamente dei Carafa.
Il palazzo cambiò proprietario diverse volte ancora, ma nel 1575 il ricchissimo Luigi Carafa, che oltre ad essere Grand di Spagna era anche principe di Stigliano, compra la capitania di portici, ed ecco spiegato perchè l'antico palazzo di piazza San Ciro fu chiamato Carafa-Stigliano.
Seguici anche su:
Sei il visitatore n°